Storia della Letteratura Italiana. Dale origini al Quattrocento by Giulio Ferroni

Storia della Letteratura Italiana. Dale origini al Quattrocento by Giulio Ferroni

autore:Giulio Ferroni [Ferroni, Giulio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Simone acher
ISBN: 9788861842717
editore: MONDADORI EDUCATION
pubblicato: 2012-12-19T23:00:00+00:00


2.1.7 Il De vulgari eloquentia: la ricerca del volgare «illustre»

Contemporaneo al Convivio, e scritto probabilmente tra il 1303 e il 1304, è il De vulgari eloquentia (Sull’eloquenza volgare), che dà uno sviluppo sistematico alla digressione sul volgare svolta appunto nel primo trattato del Convivio. Dante fa uso, per la prima volta nella sua carriera letteraria, di una prosa latina legata ai modelli della trattatistica retorica (cfr. 0.1.7). In questo caso l’opera non ha infatti intenti divulgativi, ma ricorre allo stesso strumento linguistico preferito dai dotti, allo scopo di convincerli del valore della lingua volgare. La scrittura latina diventa d’ora in poi, per Dante, un modo di presentarsi sotto le vesti più astratte e tradizionali dell’uomo di cultura, non più in quelle di inventore e sperimentatore.

Il progetto originario del De vulgari comprendeva almeno quattro libri, con l’analisi di vari livelli stilistici e delle possibili forme di uso letterario del volgare. Ma l’opera rimase bruscamente interrotta al capitolo XIV del secondo libro, nel vivo della trattazione sulla canzone. La ragione fondamentale dell’abbandono del De vulgari, come del Convivio, risale senz’altro alla formulazione del più ambizioso e rivoluzionario progetto della Commedia.

Il trattato imposta in modo deciso la questione di una lingua italiana unitaria, questione che ha provocato discussioni secolari (per come pone il problema, Dante rivela una capacità di interpretazione e sistemazione linguistico-letteraria senza precedenti; del suo ruolo essenziale per la documentazione sulla lingua del Duecento e per la definizione delle linee portanti della storia letteraria del secolo si è già parlato in 0.2.5 e 1.3.1). Per la sua incompiutezza il De vulgari ebbe una diffusione limitata (soltanto tre manoscritti nel Trecento) e fu del tutto ignoto nel Quattrocento, finché all’inizio del Cinquecento venne riscoperto dal Trissino (cfr. 4.4.7), che lo utilizzò a sostegno della sua teoria «cortigiana» della lingua (ossia di una lingua in cui confluissero le varie componenti regionali) e ne pubblicò una traduzione nel 1529; la prima stampa del testo latino (Parigi, 1577) si deve all’esule fiorentino Iacopo Corbinelli.

Il primo libro inizia affermando il carattere naturale della lingua volgare, in quanto appresa spontaneamente fin dall’infanzia; per questa sua «naturalità» il volgare, rovesciando quanto veniva asserito nel primo trattato del Convivio, è dichiarato più nobile del latino, che è invece una lingua artificiale. Per giustificare la sua mutata posizione, Dante traccia una rapida storia delle lingue umane. La lingua del primo uomo, Adamo, fu a lui attribuita dalla grazia divina e si conservò, come lingua sacra, presso il popolo ebraico, anche quando, in seguito alla punizione che Dio inflisse agli uomini per aver edificato la torre di Babele, si formò una molteplicità di lingue in continua trasformazione (ma questo presupposto sarà corretto nel Paradiso: cfr. 2.1.18). Quella propria dell’Europa meridionale si distinse poi in tre lingue diverse ma vicine, che permettono di parlare di un idioma «tripharium», “triforme”: la lingua d’oïl, la lingua d’oc e la lingua del sì (parlata quest’ultima, dai Latini o Ytali; nel definire la nostra area linguistica Dante usa variamente Latium o Ytalia). Alla instabilità e varietà



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